2024 – Tecnica: legno di betulla, filo di scozia, rame, nylon, metallo 69,5×69,5×14 cm
C’è un vuoto dento, che nessuno riesce a riempire. Non importa quanto amore ti diano, sembra non bastare mai. Hai paura di restare solo, anche quando non lo sei. Vedi addii ovunque.
Pensi di non essere abbastanza, speri di poter bastare ma quel qualcosa in te di sbagliato, che pensi ci sia, ti blocca e questa ferita continua a sanguinare, sai perché? Te lo dico io, continui a cercare fuori di te quello che devi guarire dentro.
2024 – Tecnica: legno di betulla, filo di scozia, rame, nylon, metallo 69,5×69,5×14 cm
Reggio Emilia, 05.11.2024
TESTO CRITICO
Occhi negli occhi: L’Incontro con Sé Stessi
“Occhi negli occhi” è un’opera che interroga lo sguardo e il senso di identità. Il gioco specchiante che coinvolge l’osservatore lo costringe a un’esperienza di auto-contemplazione: guardandosi riflesso, egli non si confronta solo con la propria immagine, ma con la profondità della trama interiore. L’arazzo, tradizionalmente pensato per essere visto dall’esterno, si svela nel suo lato nascosto, suggerendo che la vera essenza di noi stessi non è ciò che mostriamo al mondo, ma ciò che esiste al di là della superficie.
L’opera diventa quindi un dispositivo filosofico che interroga il concetto di vuoto interiore: il riflesso nello specchio ottocentesco, simbolo di memoria e temporalità, rimanda all’eterna ricerca dell’io. La paura di non essere abbastanza, il senso di mancanza che si cerca di colmare con l’Altro, si dissolvono nell’intuizione che la vera guarigione è un processo interno. L’osservatore è chiamato a spostare la ricerca dall’esterno verso l’interno, accettando che lo specchio non mente, ma restituisce solo ciò che siamo disposti a vedere.
La scelta materica – lo specchio antico, il rame, l’arazzo – evoca un intreccio tra intimità e storia, tra la percezione immediata e il tessuto profondo delle nostre esperienze. Il riflesso non è dunque solo un’immagine, ma un luogo di verità: Occhi negli occhi ci pone davanti alla necessità di riconoscerci, accogliere le nostre ferite e smettere di cercare fuori ciò che va riscoperto dentro.
C. Mottola
Critico d’arte presso MACM
www.macm.com